La stessa iscrizione ricorda l’uso profano a cui era stata destinata la cappella durante l’ultimo conflitto mondiale: ospedale militare e luogo di ricovero per soldati sbandati o di chi era rimasto senza fissa dimora. Nel Marzo del 1849, meno di cento anni prima, avevano trovato in essa sepoltura ben trenta soldati italo-austriaci morti nella celebre battaglia di Novara. I lavori di ristrutturazione interessarono le coperture, le facciate interne ed esterne ed un nuovo impianto di illuminazione.
In quell’occasione si decise di ridurre il numero delle tele esposte, ad esempio fu rimossa la pala d’altare raffigurante Sant’Agostino scrive il De Trinitate. Questa pregevole tela, come i due teleri raffiguranti Sant’Agostino e il fanciullo sulla spiaggia e il Tolle et Lege furono per l’occasione restaurati dal prof. Severino Borotti. Tra le tante curiosità si segnalano gli affreschi raffiguranti i Sette doni dello Spirito Santo, fortemente voluti dal Rettore Dante Salmè e dal cappellano Mons. Luigi Fornara, perché nella cappella si celebravano ogni anno le cresime dei convittori, oppure il recupero di un bassorilievo raffigurante un Grifone. Quest’ultimo manufatto dovrebbe essere copia (in gesso?) di un fregio dei Mercati del Foro di Traiano: queste riproduzioni erano diffuse nel XIX sec. per le gipsoteche di scuole o di accademie. Infine, sull’epigrafe è stato utilizzato il termine “ephebeum” per indicare il convitto: nei ginnasi dell’antica Grecia si indicava con questo termine il luogo dedicato alle esercitazioni dei giovani. La foto della chiesa prima dei lavori e la documentazione relativa a questo intervento sono conservate all’Archivio Centrale dello Stato di Roma> Divisione beni artistici> Divisione V (1960-1975) Musei, gallerie ed oggetti d’arte, busta n°147.
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